Francesco Scianna al Premio Telamone 2017

Al Premio Telamone 2017 che si è svolto ad Agrigento lo scorso 2 dicembre c’era anche Francesco Scianna, attore siciliano che vanta collaborazioni teatrali e cinematografiche con i più prestigiosi registi italiani, lanciato da Giuseppe Tornatore nel film candidato all’Oscar ‘Baaria’.
Con lui abbiamo avuto l’opportunità di parlare di una carriera fatta di scelte consapevoli e di costante impegno ma anche di giovani e di sfide per chi voglia intraprendere una professione affascinante e complessa come quella dell’attore.

Il Premio Telamone 2017 ha voluto riconoscere il tuo impegno professionale. Cosa vuol dire fare l’attore oggi e come è evoluta la tua carriera nel tempo?

Le esperienze che mi hanno influenzato sono state molte. Di certo molte cose nel tempo sono cambiate: sono passati ormai 20 anni da quando ho iniziato a sentire il desiderio di fare l’attore e allora si trattava di un desiderio che nasceva dal bisogno di esternare un mondo interiore che nella vita di tutti i giorni non riusciva ad esprimersi totalmente, filtrato da schemi e sovrastrutture culturali. Se vogliamo, inizialmente si è trattata di una scelta egoistica, legata alla necessità di affermazione, dell’esserci.

Oggi ovviamente quel desiderio iniziale va assumendo sempre di più la forma del senso. Cerco, cioè, di fare scelte che possano avere una integrità sociale che arricchiscono e che io possa a mia volta arricchire. L’esempio più recente è la serie tv La mafia uccide solo d’estate (diretta da Luca Ribuoli e tratta dal film omonimo scritto e interpretato da Pierfrancesco Diliberto, ndr), di cui ho da poco finito di girare la seconda serie: da subito ho riconosciuto in questa iniziativa obiettivi molto sani rispetto ad altri progetti in cui c’è una grande fascinazione del male che, a mio parere, a volte può diventare pericolosa.

Nel caso de La mafia uccide solo d’estate, il linguaggio del grottesco è piaciuto molto anche alle nuove generazioni e ha contribuito, di questo sono lieto, ad un allontanamento dalle figure chiamiamole, semplificando, cattive spostando verso l’identificazione con “la famiglia buona che lotta contro il male”.
Ciò dimostra che i giovani vanno guidati, con dibattiti e con confronti con adulti e con chi è deputato nel sociale all’interazione con i giovanissimi, a capire  perché oggi viene raccontato così platealmente il male e imparare a riconoscere i veri valori.

A un giovane che volesse intraprendere la tua professione cosa suggeriresti?

Di puntare sulla qualità e di studiare, studiare e studiare. Quello dell’attore è un lavoro complesso che coinvolge molti aspetti emotivi, può portarti velocemente alle stelle e il giorno dopo gettarti nell’ombra: se non si è corazzati e non si può contare su una solida professionalità non è facile affrontare tali sbalzi di esposizione. Personalmente non dimenticherò mai le parole di Cechov: “un vero professionista si occupa semplicemente di migliorare ogni giorno il proprio strumento”. Un monito semplice anche se non facile ma il messaggio è chiaro: quello che resta all’artista è l’abilità e la conoscenza dello strumento con cui si esprime.
E poi non abbiate paura di uscire, di andare all’estero anche per poi tornare. E’ l’unico modo per aggiungere sempre frecce nuove al proprio arco. Io sono stato in Francia, in Inghilterra, in Spagna e ho cercato di ampliare il più possibile la mia formazione per poi trovare, dopo un tempo di allontanamento, la mia forma artistica, la mia chiave che, ovviamente, è in continua evoluzione.
Infine, sperimentare: può sembrare strano ma questa crisi anche culturale che stiamo vivendo rappresenta un momento fecondo per mettersi alla prova e per sperimentare nuovi linguaggi.
 

Cosa rappresenta per te essere stato insignito del Premio Telamone?

Sono onorato di aver ricevuto questo premio sia per la storia pluriquarantennale che vanta ma anche per il suo significato simbolico.
Ho cercato, e spero di esserci riuscito, di costruire una carriera consapevole in cui potessi riconoscermi prima di tutto come persona, sempre pronto a cadere ma su scelte in cui ho creduto fino in fondo.
Ricevere questo premio mi dice che qualcosa del mio impegno è passato e che è stato riconosciuto di valore anche per la comunità. E di questo non posso che esserne profondamente onorato.